Nostalghja (Isole)

Nostalghja (Isole)

Sono davanti al negozio di un artista che ignoro, in questa isola, suppongo che sia studio abitazione. Sono nel piccolo corridoio e guardo all’interno attraverso piccole finestre quadrate che sembrano degli oblò, riconosco l’abitazione, è la parte più intima: un cucinino, un divano rimediato, un tavolaccio, delle sedie spaiate, una porticina che dà verso un letto matrimoniale, intravedo il bagno. Nello studio dove mi trovo e dove, divisa da una quinta con finestre oblò, vi è l’abitazione, vi è in fondo, oltre una stanzetta con riviste d’arte, una porta aperta, vedo la spiaggia: tronchi di mangrovie scortecciati e bruciati dal sale, noci di cocco oscillano con le ondine sulla riva, una vecchia bicicletta arrugginita è appoggiata ad un tronco. Guardo i quadri appesi ai muri con cordicelle leggere.- Guardo un trittico: nel quadro centrale ci sono incollate ciabatte, una accanto alle altre. Sono spinte in uno spazio claustrofobo.

I cognomi di queste isole, i cognomi che ho letto al cimitero, sono i “nomi” della deportazione, popolamento forzato, del vecchio colonialismo che non è mai stata colonia. Le terre nuove sono animate dai vecchi spiriti e da quelli nuovi che sopraggiungono con la lontananza: il non ritorno. Il viaggio eterno, l’impossibile ritorno. A poche centinaia di miglia, in un braccio di mare che si alterna nelle stagioni monsoniche, come facile o come difficile, a poche centinaia di miglia c’è la patria di questi cognomi, di questi nomi. I fantasmi degli antenati coniugano nuove parole, nuovi sentimenti, le anime si allungano come fili sottili fino a congiungere le isole, a inventarle ed in mezzo, il mare come tabù.
Una bizzarria questa da “oriente” lontano (lontanissimo, “Da” oriente; non Oriente): la contemplazione che diviene esilio. L’esilio in fondo che è vissuto da tutti noi, da tutti quelli che si prendono cura del proprio corpo lontano dalla propria terra. Un non volersi pensare, un “allungare” ragione (cioè mentire) e razionalità fino al ridicolo, alla negazione: all’origine del tabù. Nei sogni veri, del dormiente: colori sono ritrovi colmi di fiducia di inaspettate rivelazioni così, le orme sulla sabbia sono rappresentate artisticamente, come ciabatte colorate e le ciabatte sono incollate prima vere sulla tela, poi disegnate in prospettiva fino a sparire per mancanza di definizione, di ricordo. Questa linea sottile che perde definizione è distacco inconsapevole voluttà, piacere che diviene sottile filo, silenzio spiritualità. E’ come l’incanto che si sia svelato: mare negato.

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Commenti 6

patgamb
12 anni fa
patgamb Artista
questo tipo di scena l'ho vissuta pure io in india fuori dal mandir di Sai Baba
SC. Di Stefania Carroli
13 anni fa
Emozionante emozione....
MI porta lontano.....
Maristella  Angeli
13 anni fa
Maristella Angeli Artista, Pittore
Molto interessante!
michele aer
13 anni fa
michele aer Artista
A molte migliaia di miglia da questa opera, le ciabatte incollate, in un altro continente cioè i Caraibi, una artista in "esilio" lontano dalla sua isola dipingeva questo quadro: "http://www.premioceleste.it/opera/ido:123260/"
messo peraltro nei miei preferiti. Non conosco l'artista non conoscevo l'opera.
Naturalmente sono diversissime le anime, la spinta emotiva, l'idea di un ricordo e diciamo di una necessità di riconoscersi.

Non so se la mia interpretazione sul quadro delle ciabatte possa soddisfare l'artista che l'ha ideato, artista di cui non conosco neppure il nome. Ma mi è parso di sentire in tutta l'isola il sentimento da me espresso.
TIZIANA FRANZIN
13 anni fa
MI PIACE MOLTISSIMO ,HAI IMMORTALATO UNA GRANDE OPERA.
Cat
13 anni fa
Cat Fotografo
Intéressant !

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