Viseità iconografia del reale

Viseità iconografia del reale

Vi sono viseità compiute via via che attraversiamo la storia. La storia ripropone la viseità nei suoi interstizi, l’epica, la tragedia, ora il romanzo. E’ il romanzo nella comune interpretazione definizione o meglio, definito come l’avventura di personaggi perduti che non conoscono il loro nome, non conoscono quello che cercano o fanno, catatonici. Sono i personaggi a fare la differenza ad interpretare un lato “cosmologico”, la perdita del centro. Vi sono naturalmente differenze tra le nazioni, tra le espressioni anglo-americane e quelle continentali. Dal punto di vista storico è interessante la concezione della povertà come valore. L’iconografia e la rappresentazione come dato, un passo (nel tempo) indietro al romanzo.

Il Santo non “abbraccia” la povertà, abbraccia la ragione, la ragione storica. La povertà nella lettura errata evangelica è scopo di ragione d’ordine, di ripetuta ricercata “centralità” medievale. Come sappiamo la povertà valore evangelico è riferita agli ebrei condannati esuli in patria, (esilio Babilonese) la proibizione alle arti e ai mestieri: i “poveri di Dio”, gli ultimi erano gli ebrei impossibilitati dalla legge, al non lavoro quindi poveri per ragioni di stato. La povertà come valore evangelico è stata mal interpretata o nuova, in una nuova interpretazione compassionevole.

Piace a 4

Commenti 0

Inserisci commento

E' necessario effettuare il login o iscriversi per inserire il commento Login