La madre ha anche un maschio
Oltre il confine, su verso la strada, generalmente non c’è nulla. Quel che c’è, è solo un’idea errata di padre. Sia per i maschi come nelle femmine.
Chi viaggia chi ha viaggiato, dentro o nelle superfici, sperimenta inconsciamente il tornare, il padre che torna, l’eterno frangersi potente dell’essere che si compie tornando. Ogni vero viaggio è il tornare. Sperimentare la falsità della nozione è viaggiare, compiere il compimento, appropriarsi di ciò che per diritto ti è sempre appartenuto. Ogni viaggio ogni inizio di viaggio persino l’essere trasportati da questo, è ritrovare il padre letteralmente. Ma che cos’è allora il padre? Chi è tuo padre? Ulisse naufraga, è senza porto. E’ sempre senza porto. Il folle viaggiare di Ulisse è naufragare, non prendere ragione, ripartire prima di questa, senza questa. Una scena può essere misurata ma non nel mito occidentale, nel vago complesso illusorio.
Stare all’uscio e non importa per quanto, stare sapendo che tornerà. Forse l’attesa è per un’intera vita. Il romanzo familiare, il romanzo della narrazione psichica errata dell’altro secolo racconta l’incompiuto errare di un intero popolo, di un popolo che errando si fa idea di popolo e poi financo nazione, nel deserto e per il deserto, non è altro che questo per chi sa comprendere ed ascoltare. Altra cosa porgere la mano ed attraversare la strada, continuandolo a fare per anni. Una vera mano. Errare è idealizzare; errare è comunicare sentimentalmente. Qui è carne che visita carne, carne che guarisce: il fallo “guarisce” la ferita eternamente. Si può leggere in viso il timore, lo stesso che è per se in se nel duplicato di se. Padre e figlia o padre e figlio.




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