Andamane "barbiere con pantaloni di sartoria"
La maestra era carina e dolce, veniva a trovarmi con il suo vecchio marito. Il marito si metteva seduto sugli scalini della veranda dove appeso c’era il secchio con l’acqua. Gli davo un sigaro e lo prendeva senza ringraziare, come buoni amici. Mi ha insegnato a costruire cavallini con dei giunchi che crescevano nella palude dell’isola. I panni ad asciugare erano stesi all’ombra, tutti mettevano la loro roba sugli stessi fili che erano sagole per pescare di canapa. Mi piaceva vedere la fabbrica di vestiti crescere. Un ragazzo voleva sempre imparare l’italiano, salutava “mille grazie”. C’era il cimitero portatile, casalingo. Si aggiungevano utensili sotto i piccoli tetti che erano a copertura dei tumuli. Parlavano con i morti ma come si fa con i bambini, lentamente per farsi capire bene. L’ibisco è un legno buono: serve per accende il fuoco nella stagione delle piogge. Ho fatto costruire un’altra casa, per godermi dall’alto tutto il villaggio. La baia, tutto il villaggio. I bambini giocavano a calcio, il campo di calcio e la scuola. Le ragazzine venivano a trovarmi alla casa nuova e ridevano, prendevano in giro tutti i maschi. La maggior parte degli uomini contrabbandavano stupefacenti. Giravano soldi di tutti i paesi, sembrava di stare in un ufficio di cambio. Io vendevo vestiti, la fabbrica produceva senza sosta. Alla sera mi andavo a prendere un massaggio, la ragazza aveva capelli lunghissimi e mi sussurrava parole, a volte dormivo nella sua capanna. Aveva una figlia piccola che tirava i vestiti, tirava la camicia e rideva.




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