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Ho incrociato i miei occhi
con quelli di un guerriero.
Uno sguardo allenato a cicatrici
e disperazione nelle palpebre
pesanti.
Ha svolto il suo compito
vuole la sua tregua
e ricucire le ferite
vuole il succo delle more di rovo
e non più sangue, non più.
Lo avvolgo come una morbida corazza
contro il destino e ora dorme
un sonno altero, finalmente arreso.
I suoi occhi sono i miei occhi.
Il Padrone della morte
cerca me, la Padrona della vita.
Cerca una danza, musica e oblìo
per far riposare il coraggio, per placare
la sete.
Il suo cuore è il mio cuore,
dentro di me.
I suoi capelli intrecciati ai miei
creano ricami sul cuscino.
La sua bocca è la mia bocca.
Le sue pieghe amare
diventano il letto di un fiume di lacrime.
Il suo rimpianto è il mio rimpianto.
Con voce tiepida
racconta vittorie e sconfitte
e gli ordini crudeli di Madre Necessità.
Ricorda, tremando, il mare
le iridi perse in orizzonti estremi.
Ulysse è il suo Nome.
Naufrago tra i fianchi di Nausicaa.
Monica Seksich











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