Architetto e docente di Storia dell’Arte a Palermo, sua città natia dal Dicembre del 1973. Nel 2001 dopo un viaggio in Spagna avverte una grande ispirazione e necessità di produrre, verso l’arte pittorica, e introduce nel suo stile, il gusto delle forme ascendenti tratte soprattutto dalle suggestioni dell’architettura spagnola. I temi da lei prediletti vanno dalle architetture costruite dall’uomo a quelle della natura, nelle prime differenzia la sua esigenza più minimalista e bicroma stabilendo criteri più minimalisti e accostando con raffinatezza, alla superficie distesa bianca, l’essenza lineare che sintetizza l’immagine, frutto di esperienza rispetto ai principi costruttivi e compositivi architettonici tradotti in pittura. Ma la sua ricerca verte anche sul dinamismo della “linea” sobria e armoniosa e con matafora palese segna il percorso dei tubetti che in una sua opera ramificano il colore in più arbusti di un unico grande albero protesi al cielo in un abbraccio gaudiano (la Sagra Famila). Il suo stile riconoscibile e personalizzato, è loquace nel tratto e immediato nell’ impatto materico e cromatico già dal primo sguardo, che ha suscitato notevole interesse nella stampa, critica e pubblico, nei numerosi eventi artistici in cui l’artista siciliana ha partecipato di recente sia in campo nazionale che internazionale. La sua tecnica libera, trascende da ogni accademismo, (sebbene in continua ricerca espressiva ed emozionale) nell’utilizzo originale, in cui mette “in gioco” sulla superficie delle sue tele, strumenti di mnemonico calore materno che rimandano ai calori affettivi, dei pomeriggi trascorsi da bambini con la madre, curiosando tra gli attrezzi dei focolai domestici, come forchette o siringhe per la panna. Da quì ergono calligraphie ludiche a rilievo, in un caleidoscopico fluire che suscita gioie cromatiche, linee morbide e sinuose che dalle ramificazioni arboree passano alle onde marine. Nell’ondeggio di linee orizzontali come nelle opere: “Tramonto” e “Terracielo”, riconduce il suo “sentire” nelle avvolgenti e rassicuranti acque, dove si accendono i fuochi dei tramonti e si spengono le luci del giorno, nella dolcezza di una culla di un grembo amniotico. Memorie, ricordi e nostalgie velate di temperamenti poetici che dialogano anche con parte di sé. Un “imprinting” che svela un dialogo tattile e sprigiona energia trasposta sulla tela attraverso la tecnica del “finger painting” o con l’utilizzo degli impasti come nella “sand art”. La purezza e la morbidezza, dell’utilizzo espansivo della materia della natura che diviene materia dell’arte, e che giovanna Vinci, fonde nello spazio del sogno, in un viaggio dentro se stessi. Dal rimembrare il gesto dell’infanzia di disegnare a riva sulla sabbia, prima che un onda cancelli tutto, con la stessa velocità estemporanea l’artista lavora anche con le dita insieme agli altri strumenti sulla tela dove immette tonalità brillanti smaltate di gialli solari e azzurri mediterranei. Il profondo riemerge così, di moti ridenti dalle linee danzanti, che sprigionano atmosfere sensoriali, legate anche al tatto e all’udito. Alcuni orizzonti si rincorrono di linee all’infinito e come in un pentagramma Kandinskijano, ogni nota di colore risuona un riverbero e scandaglia bagliori di luce e dipana sempre cangiante nei luoghi dei suoi stati d’animo e della sua creatività.
Architetto e docente di Storia dell’Arte a Palermo, sua città natia dal Dicembre del 1973. Nel 2001 dopo un viaggio in Spagna avverte una grande ispirazione e necessità di produrre, verso l’arte pittorica, e introduce nel suo stile, il gusto delle forme ascendenti tratte soprattutto dalle suggestioni dell’architettura spagnola. I temi da lei prediletti vanno dalle architetture costruite dall’uomo a quelle della natura, nelle prime differenzia la sua esigenza più minimalista e bicroma stabilendo criteri più minimalisti e accostando con raffinatezza, alla superficie distesa bianca, l’essenza lineare che sintetizza l’immagine, frutto di esperienza rispetto ai principi costruttivi e compositivi architettonici tradotti in pittura. Ma la sua ricerca verte anche sul dinamismo della “linea” sobria e armoniosa e con matafora palese segna il percorso dei tubetti che in una sua opera ramificano il colore in più arbusti di un unico grande albero protesi al cielo in un abbraccio gaudiano (la Sagra Famila). Il suo stile riconoscibile e personalizzato, è loquace nel tratto e immediato nell’ impatto materico e cromatico già dal primo sguardo, che ha suscitato notevole interesse nella stampa, critica e pubblico, nei numerosi eventi artistici in cui l’artista siciliana ha partecipato di recente sia in campo nazionale che internazionale. La sua tecnica libera, trascende da ogni accademismo, (sebbene in continua ricerca espressiva ed emozionale) nell’utilizzo originale, in cui mette “in gioco” sulla superficie delle sue tele, strumenti di mnemonico calore materno che rimandano ai calori affettivi, dei pomeriggi trascorsi da bambini con la madre, curiosando tra gli attrezzi dei focolai domestici, come forchette o siringhe per la panna. Da quì ergono calligraphie ludiche a rilievo, in un caleidoscopico fluire che suscita gioie cromatiche, linee morbide e sinuose che dalle ramificazioni arboree passano alle onde marine. Nell’ondeggio di linee orizzontali come nelle opere: “Tramonto” e “Terracielo”, riconduce il suo “sentire” nelle avvolgenti e rassicuranti acque, dove si accendono i fuochi dei tramonti e si spengono le luci del giorno, nella dolcezza di una culla di un grembo amniotico. Memorie, ricordi e nostalgie velate di temperamenti poetici che dialogano anche con parte di sé. Un “imprinting” che svela un dialogo tattile e sprigiona energia trasposta sulla tela attraverso la tecnica del “finger painting” o con l’utilizzo degli impasti come nella “sand art”. La purezza e la morbidezza, dell’utilizzo espansivo della materia della natura che diviene materia dell’arte, e che giovanna Vinci, fonde nello spazio del sogno, in un viaggio dentro se stessi. Dal rimembrare il gesto dell’infanzia di disegnare a riva sulla sabbia, prima che un onda cancelli tutto, con la stessa velocità estemporanea l’artista lavora anche con le dita insieme agli altri strumenti sulla tela dove immette tonalità brillanti smaltate di gialli solari e azzurri mediterranei. Il profondo riemerge così, di moti ridenti dalle linee danzanti, che sprigionano atmosfere sensoriali, legate anche al tatto e all’udito. Alcuni orizzonti si rincorrono di linee all’infinito e come in un pentagramma Kandinskijano, ogni nota di colore risuona un riverbero e scandaglia bagliori di luce e dipana sempre cangiante nei luoghi dei suoi stati d’animo e della sua creatività.



Commenti 3
Inserisci commento