Di questa sua ricerca, risalente agli anni 1996/97, con una ripresa agli inizi degli anni 2000, scrive l’autore:
“Le opere di "Apnea" nascono da un'intuizione potente: l'incapacità di urlare sott'acqua, un silenzio metaforico che riflette l'autodistruzione silenziosa e spesso invisibile a cui l'essere umano può andare incontro. Le figure, inizialmente nitide e perfette nelle loro pose glamour, vengono progressivamente offuscate, i loro contorni si dissolvono in esplosioni di colore vibrante, creando un effetto quasi onirico. Questa nebbia cromatica non nasconde ma rivela: non la perfezione della forma, ma la complessità e la fragilità dell'esistenza. "Apnea" non è solo un'esplorazione estetica, ma una profonda riflessione sulla vulnerabilità e la trasformazione… È un invito a guardare oltre la superficie, a riconoscere la bellezza nella mutazione e nella fragilità, anche quando questa si manifesta come una deriva verso l'autodistruzione.”



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