23 novembre 2013
Officina del Riciclo come dire in nomen omen. Davide Lazzarini, questo al secolo il nome dell’artista che utilizza come pseudonimo o brand che dir si voglia la parola “Officina”. Lui che oltre al fare artistico lavora come operaio interiorizza e trascende la sua conoscenza diretta e continua di materiali come ferro, plastica, legno sia in forma di scarti sia come oggetti della produzione come tubi, rondelle, viti, fasce elastiche, gomma, griglie, molle. Tutto quello che prodotto finito o scarto, appunto, è oggetto di uso quotidiano o parte di oggetti che fanno parte della nostra vita. Il suo sguardo sceglie e legge l’oggetto non come object trouvè ma come frammento di una possibile nuova storia. Ma non è solo la forma o il materiale a diventare ingrediente dell’arte di Davide ma anche le loro caratteristiche tattili e cromatiche che diventano fattualmente “colore” e storia e in definitiva vita.
Le opere diventano sculture o assemblage fotografici che usano la simmetria per il potere ordinativo insito nella stessa ma anche per la capacita ipnotica dell’immagine “a specchio”. Compaiono cosi sulla scena del racconto di Davide: animali protofuturistici, caschi per centauri mitologici o maschere oscillanti tra la ritualità africana e gli elmi di un medioevo prossimo venturo.
Riciclo si diceva, ma in questo caso non si può parlare di semplice riproposizione di un oggetto sottratto alla fine della sua vita d’uso, ad un rifiuto semplicemente slittato nella sua destinazione finale e dotato di una “cornice valorizzante” ma più propriamente e al massimo livello ad una forma alta di “Assemblage” che ha tra i suoi epigoni il ready-made di Marcel Duchamp e le macchine di Jean Tinguely. Ancora più vicino al lavoro di Davide è l’opera dell’indiano Subodh Gupta che con “Very Hungry God”, ovvero “Dio Molto Affamato”, intitola un gigantesco teschio composto da ben 2000 pentolini in acciaio inox e situato, sopra una piattaforma galleggiante, all’esterno di Palazzo Grassi sul Canal Grande nel 2006.
Ma non basta questo ad inquadrare il lavoro di Davide Lazzarini perché con la sua officina del riciclo non passa banalmente da un oggetto ad un altro ma da un oggetto inanimato ad uno che ha in se caratteristiche umanoidi o animali che vanno dall’umano bionico ai mostri che popolano i video-games ed i film del filone fantascientifico come una sorta di rivolta di rifiuti “transformer”. Ed è in questo, a mio parere, la contemporaneità del lavoro di Davide uno “sguardo” all’inanimato che quotidianamente gli passa tra le mani nel suo lavoro da operaio che nella sua “visione” da artista si assembla seguendo misteriosi magnetismi quasi a diventare figure di guerrieri ribelli di una novella “lotta di classe” in cui il messaggio post-atomico di un nuovo Mad-Max trascende il ciclo vita -morte rendendolo un perpetuo ritorno.
per saperne di più: http://www.officinadelriciclo.it/
http://www.antoniominervini.com/lartista-della-settimana-davide-lazzarini-officina-del-riciclo/



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Lino
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