Il mondo, parafrasando Jaques Derrida, è divenuto un insieme di tracce che rimandano ad altre tracce. Nessuna origine, nessun inizio, nessun arché, nessuna metafisica. Dietro alle cose ci sono soltanto altre cose; e così all'Infinito. Quello che una volta veniva chiamato cultura è diventato un’accozzaglia di frammenti contenuti in un enorme involucro che, una volta, veniva chiamato verità.
Frammenti nella nebbia, alla luce dell’attuale stato di cose, vuole essere un tentativo di liberare l’arte dalla trappola del nichilismo, di restituirle la depredata trascendenza, di ridarle il compito di elevare lo spirito umano; attraverso la combinazione di frammenti della storia dell’arte e reperti di archeologia industriale – scenari apocalittici e postatomici dove coesistono, combinati insieme, brandelli di cultura con relitti urbani – propone nuovi spazi mentali, nuovi luoghi, dove ci si può rifugiare dall'inquinamento massmediatico e dall'imperante oblio (la nebbia) che sta invadendo la memoria collettiva.
L’odore caldo e pesante dell’asfalto, i colori metallici delle carcasse di automobili, i relitti urbani, le nuvole di cemento cariche di pioggia acida, convivono con frammenti di opere d’arte: Goya, Caravaggio, Mantegna, Turner, Boccioni, Manet, Le Corbusier, Rembrandt; frammenti, quest’ultimi, che emergono dagli abissi dove sono stati relegati dalla “cultura di massa” che tutto appiattisce e banalizza.
Peppe Denaro
Mazara del Vallo, 06 agosto 2015




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