Testi critici, Brescia, 19 September 2009
Giuliano Lorandi


Un neo-romantico fra sublime e pittoresco



Giuliano Lorandi intrattiene con la natura un rapporto privilegiato. La sua pittura è testimonianza diretta di questo rapporto che si manifesta attraverso cicli di opere interamente ad essa dedicati. Una prima serie, dal titolo “Montagna ferita”, è ispirata alle sensazioni provate dall’artista di fronte alle cave di marmo di Botticino, nel bresciano; sensazioni che si rinnovano continuamente nell’osservare le “carni” della montagna lacerata e disgregata dai dissennati comportamenti umani.
La roccia “messa a nudo come le carni di un animale” (cito l’artista) ingenera in Lorandi un “senso di distruzione, di frattura, di disordine, persino di sofferenza”. Insomma la natura subisce, almeno nell’immediato, incapace di sottrarsi allo scempio.

Pittura naturalistica, dunque; mai a vocazione descrittiva ma sempre densa di affioramenti evocativi; pittura che può leggersi figurativamente come brano di natura ma anche come pura emozionalità sortita dalla decisa pennellata di un artista informale. Le rocce, i sassi le pietre, sono inquadrati entro uno spazio vagamente geometrizzato che ne esce frantumato per ricomporsi e ristrutturarsi poi per tramite del colore, del tono.
La tavolozza di Lorandi è sempre alta; i cromi squillano senza mai urlare entro una luce che ne smorza gli acuti e dona al dipinto un’efficace diffusione tonale.
Pregevoli i suoi dittici, composti sempre da dipinti di piccole dimensioni, che mostrano, come in una sequenza filmica, le fasi delle azioni distruttive che feriscono irrimediabilmente i fianchi vivi della montagna.

Anche l’altro ciclo, “Oasi” è dedicato alla Natura. Qui l’uomo sembra essersi concesso una pausa; i suoi comportamenti e le sue azioni non sono motivati da intenzionalità distruttive ma, al contrario, sono volti alla conservazione e alla valorizzazione dell’ambiente naturale. Motivo di ispirazione è stavolta l’ecosistema delle torbiere di Iseo, trasformato con un’opera di mantenimento e manutenzione, in una vera e propria isola felice e protetta, un’oasi appunto.
Lorandi mette in evidenza, con spirito ancora tutto romantico, le grandi suggestioni della Natura-madre con la quale è possibile re-instaurare un rapporto armonico e di reciprocità con l’umano. Non v’è traccia di artificialità; la natura appare qui pienamente: con le sue conformazioni modellate dall’oscurità dei tempi, coi suoi elementi, la sua flora e la sua fauna.

Anche in tal caso il pittore non utilizza forme di rappresentazione mimetica. Gli stati di natura sono suggeriti da un dispiegarsi di superfici cromaticamente mutanti, di forme inoggettive e dinamiche, da un uso del colore che fissa un particolare istante del continuo divenire della realtà del mondo. La natura si mostra in tutta la sua energia vitale, sospinta da un'emozione profonda che l'artista trasferisce sui suoi supporti con vigore e perentorietà espressiva.
Niente v'è direttamente rappresentato. Pur tuttavia niente è assente, anche i rumori della natura, quelli più segreti e impercettibili, sono chiaramente ascoltabili. Il coinvolgimento che l'artista sa attivare trascende l'aspetto puramente visuale.

Pur con connotazioni stilistiche proprie, Lorandi mostra affinità ideali con quegli artisti che hanno dato vita, alcuni decenni fa, all'Ultimo Naturalismo o che, comunque, nello svolgersi delle vicende dell'Informale italiano, sono pervenuti ad una pittura aniconica partendo dal referente naturalistico. Come quegli artisti, impegnati a tracciare una “terza via” rispetto ai contrapposti sentieri dell'astrazione e dell'immagine, anche Lorandi sembra volere affermare la supremazia del gesto istintivo sul mero esercizio razionale, l'autenticità di un'arte che trascina il fruitore sensibile con la forza delle emozioni e l'intensità del sentimento.



Franco Migliaccio

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