FILIPPO DE PISIS : POETICA INCIDENTALE
Testi critici, Cuneo, 08 January 2013
Nella vita artistica italiana della prima metà del XX° secolo, Filippo de Pisis assume un ruolo significante.
Nei numerosi soggiorni nella Ville Lumière, egli stabilisce la sua grandezza di artista confrontandosi con l’élite europea che proprio a Parigi aveva contribuito a definire l’orientamento della pittura.
Il dipinto considerato è una testimonianza autorevole della grandissima maturità raggiunta da de Pisis: “Quai de la Tournelle” eseguito nel 1938 e conservato alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, prefigura a suo modo la pittura gestuale che tanta fortuna godrà nei due decenni successivi.
La sintesi figurale offerta dal frastagliarsi dei tratti neri e il vorticoso movimento degli uccelli nel cielo raccolgono le imminenti ansie della catastrofe incombente sul mondo (l’emanazione delle leggi razziali in Italia proprio nel 1938 e la II guerra mondiale nel 1939).
Il colore del cielo diventa, da azzurro, livido, le persone che animano il “quai” paiono quasi disposte come i soldati schierati per l’offensiva, sulla strada che conduce nel nulla.
Il senso di vertigine dato dai rami degli alberi insinua un certo nervosismo nell’osservatore, appena attenuato dai colpetti di bianco sparsi per equilibrare al limite la composizione. Ogni banalità della raffigurazione è esclusa dall’occhio del pittore che con mano sicura disegna la poesia della visione.
Niente di definito, tutto definito: questo è il mistero che si cela nelle opere del maestro ferrarese. E poi “l’eterno e grigio ignoto”, che appare in molte parti del quadro, scrive le immagini della memoria come se la tela ne fosse lo specchio.
La sua pittura è preistorica e lirica nello stesso tempo, eterna , innescante visioni e ricordi negli occhi di chi sa osservare.
Le forme sono per lui uno stimolo continuo a sapere la verità del naturale, ricca di meraviglie che così bene si esprimono nelle sue pitture dei luoghi cari di Parigi.
Pare come se egli avesse graffiato una scatola di fiammiferi sulla tela, accendendo qua e là gli spazi con aliti di colore. “Non vi sono che frammenti, linee spezzate, immagini sensitivamente acute ma irreali”.
Si percepisce l’aria che sconvolge gli elementi in una combinazione di partiture sonore e ritmiche di una mirabile visione nostalgica.
In questo dipinto, Parigi è come Venezia, Parigi è come Ferrara, diviene un luogo della memoria, un luogo lontano pur se appena raffigurato, per una sorta di effetto medianico che induce ad una meditazione profonda sul senso dell’esistenza e del reale.
La sua pittura è fatta di accenni, di indefinito, il tutto affogato in un rigore assoluto.
Per ultimo, l’appello dell’artista stesso: “sappi dare agilità massima, leggerezza divina alla tua fantasia, alla tua mente, al tuo corpo”.

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