Il vernissage si svolgerà durante l’ “aperitivo lounge”, che ogni martedì viene proposto da Già Sai dalle 18 alle 21; per l’occasione sarà possibile ascoltare musica dal vivo con il Trio Ruggine.
La mostra espone diverse tele dell’ultima produzione di Daniele Frisina. “Classe 1980, Frisina aveva dimostrato la capacità di abile fumettista abituandoci all’immediatezza comunicativa dei suoi personaggi. In quest’ultima produzione sembra intraprendere la strada verso l’astrattismo. Protagonisti rimangono sempre il colore e la linea. Il primo ricopre in una sola tonalità forte la superficie; la seconda, con un tratto nero e spesso, disarticola la figura umana creando un intreccio di linee continuo e arabesco.” (Ginevra Stuto)
Testo della Critica
a cura di silvia sfrecola romani
Dall’autoritratto con il pennello tra i denti ai cagnolini stile manga, i lavori di Daniele Frisina, classe 1980, ti catturano con la loro immediatezza che non è mai spontaneità quanto piuttosto schiettezza esecutiva perché ogni singolo particolare, prima di essere dipinto, viene attentamente e meticolosamente valutato. Allievo di Giuliana Bocconcello, da cui ha mutuato una ricerca espressiva emotivamente autentica, Daniele però è un fumettista della miglior specie, poco istintivo, ma ineccepibile e perfezionista, che prepara minuziosamente ogni lavoro, su carta, al computer, quindi su tela. Ma è al colore che Daniele affida la sua emozionalità più autentica e per certi versi nascosta, sebbene continuamente in lotta con quelle linee nere, così spesse, che cercano di chiudere, comprimere, contenere uno slancio emotivo autentico e passionale.
Se li hai visti una volta, i suoi lavori, te li ricordi: i suoi omini iconicamente inespressivi, eppure teneramente malinconici, hanno occhi spalancati ma sono privi di bocca, braccia o gambe perché nessuna possibilità viene data all’esterno di entrare in comunicazione; ad individuarli è quella linea continua, spessa, grossa e nera, che come un serpente trattiene perfidamente tra le sue spire colori forti, la cui carica simbolico-espressiva, pare non essere affatto disposta a cedere. Daniele dosa e valuta rigorosamente anche i colori (il verde è ambiguità, il magenta è calore-bontà, il giallo tensione, il blu assenza) perché niente va ‘spiattellato’ sulla tela senza una rigorosa pre-selezione.
E’ come se Daniele avesse messo a punto un suo sistema simbolico, quasi una segnaletica estetico-espressiva, inconfutabile e rassicurante come un semaforo (della serie rosso stop, verde vai). Apparentemente facile, in realtà il suo è un lavoro complicato, ermeticamente serrato, che lascia poco spazio all’interpretazione perché lui cerca di controllare ogni dettaglio, dal più piccolo al più grande. E a chi guarda non resta che adeguarsi al suo codice semantico, rispettandolo.




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