Intervista ad Aurora Rossini per MuseOrfeo Home Gallery
26 January 2015
D) Quando hai cominciato ad avere interesse per la pittura?

R) Molto presto! Mio padre ha sempre coltivato la passione per l’arte, ha sperimentato la pittura e adesso si concentra sulla scultura. Grazie ai miei genitori ho potuto viaggiare molto con loro, visitare musei e scoprire nuovi orizzonti, con loro mi sono appassionata a tutto ciò che per me era nuovo. Ho capito che la pittura faceva al caso mio per poter sperimentare nuove sensazioni ed emozioni.

D) Come si lega la tua arte con le donne?

R) Lavoro su opere al femminile perchè mi interessa molto la ricerca della “trasformazione”, e credo che il femminile si presti particolarmente a questo; poi con la tecnica dell’acquerello posso proprio attuare questa trasformazione: da ogni forma, da ogni donna ritratta è come se trasudasse qualcosa.

D) Le tue donne assumono molti atteggiamenti e sguardi diversi, sono in continuo “movimento”. Trovi che nei tuoi disegni ci sia anche uno studio sulla tua evoluzione di donna ed artista?

R) Sicuramente c’è, ma non è assolutamente pensato. Io mi interesso - come arte terapeuta - di arte come strumento di guarigione, e posso garantire che questo ha modificato molto il mio essere donna e artista; le mie donne sono sempre in continua trasformazione, perché mi piace indagare all’interno delle mie opere e se gli altri riescono a vedere e indagare in modo soggettivo un qualcosa anche di se stessi mi fa molto piacere.

D) Ogni quadro nasce in un posto: sono curiosa di sapere da dove abbiano origine i tuoi.

R) Nascono in giro, grazie agli incontri con gli altri, quando andavo a Milano per recarmi all’Accademia di Brera dove studio. Una cosa che amo è stare in metropolitana e osservare tante persone diverse, ognuno con i propri pensieri, i propri movimenti, tic, gesti, smorfie. Gli acquerelli trovo che diano il giusto impianto materico per poter mostrare in modo corretto questa evoluzione delle persone.

D) Sei anche un arte terapeuta: come concili questa tua attività con il fare arte?

R) Sono assolutamente la stessa cosa, l’arte è un linguaggio, come può esserlo la parola. L’arte è una comunicazione emozionale; mi capita di lavorare con persone che non hanno strumenti per poter comunicare, io li aiuto a trovare lo strumento che più adatto per potersi esprimere e prendersi cura di loro stessi. Ogni disagio non deve essere necessariamente visto come limitante, io li invito a trovare nell’arte uno sfogo, uno strumento di cura.

D) Rimaniamo nel tema dell’arte terapia: quale progetto hai nel cuore? E quale, invece, vorresti realizzare?

R) Sicuramente porto nel mio cuore un progetto che sto realizzando con un gruppo di persone con problemi sia fisici che mentali con cui ho eseguito anche il mio primo lavoro, a cui sono maggiormente legata. Questo lavoro verte sui 4 elementi (aria, fuoco, terra e acqua), e adesso stiamo lavorando sulla terra; questi lavori vanno fatti con continuità e richiedono tempo, ma posso garantire riscontri più che positivi perché si sono affidati a me e mi hanno dato fiducia sin dall’inizio. In futuro mi piacerebbe fare un progetto sulle donne vittime di violenza: dovevamo iniziare un laboratorio ma non sono arrivati i fondi, quindi abbiamo dovuto accantonarlo. È un progetto molto impegnativo ma nello stesso tempo molto bello, perché una donna vittima di un disagio ha un modo del tutto personale di vedersi e percepirsi in quanto donna e questo fa sì che il lavoro sia più impegnativo, ma anche molto stimolante.

D) Vedendo le tue opere si nota una grande sperimentazione di tecniche pittoriche. Quale tecnica ti piace usare maggiormente?

R) L’acquerello è una tecnica che ho imparato praticamente da autodidatta, perché in accademia abbiamo avuto un’infarinatura generale di varie tecniche. Come dicevo prima l’acquerello ha una componente imprevedibile, è un colore liquido che si mischia all’acqua e quindi bisogna saper dosare molto bene il tutto. Io lo adoro, perché è un perfetto provocatore ottico: mi incuriosisce vedere cosa si nasconde sotto ed è vicino alla mia ricerca.

D) Nei tuoi acquerelli noto che quando arrivi ai capelli lasci scivolare il colore. È una tua tecnica personale oppure vi è un messaggio celato?

R) Si: l’idea che non ci sia un confine preciso, i capelli non diventano un confine corporeo; è un elemento che si disfa con l’acqua; nei miei disegni i capelli diventano radici, un qualcosa che scappa dalla testa, valica confini e steccati. Come me d’altronde, non voglio confini e non mi piace avere limiti e se si riesce a rendere questo nel lavoro mi fa molto piacere.

D) Da sempre si sa che quella dell’artista non è un attività da tempo libero, bensì un vero e proprio lavoro. Cosa pensi della commercializzazione dell’arte?

R) Lo trovo molto limitante. Nel mio essere un’artista/terapista la commercializzazione non si lega molto a quello che faccio!! Se si riesce a vendere è sicuramente una grande soddisfazione, ma voglio sperare che l’arte sia una cosa diversa dal commercio.

D) Hai una particolare aspirazione in questo momento (o un’aspirazione futura)?

R) Non so… Vorrei fare tante cose, mi concentro sull’arte terapia in più settori, ma mi piacerebbe anche tornare a lavorare nel campo del restauro, un mondo bellissimo ma anche molto strano. In questo momento la sperimentazione mi sta dando moltissimi stimoli ed è proprio su questa che voglio cimentarmi!

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